Sunday 23 November 2008

UNITED NATIONS BODY ANALYSES ITALIAN DETENTION SYSTEM - ORGANO DELLE NAZIONI UNITE ANALIZZA IL SISTEMA DETENTIVO IN ITALIA


Riportiamo tradotta in italiano la dichiarazione del Gruppo di Lavoro delle Nazioni Unite sulla Detenzione Arbitraria in seguito alla sua visita in Italia. La traduzione non è ufficiale ed é state effettuata dall'autore di questo blog. Nel caso riscontraste alcuni errori Vi preghiamo di segnalarli all'autore via email o tramite commenti.

We report here the statement of the UN Working Group on Arbitrary Detention on its visit in Italy, translated in Italian. The translation is not official and has been done by the author of this blog. If you find any mistake, please do contact the author by email or by posting a comment.


"DICHIARAZIONE DEL GRUPPO DI LAVORO DELLE NAZIONI UNITE SULLA DETENZIONE ARBITRARIA ALLA CONCLUSIONE DELLA SUA MISSIONE IN ITALIA


Signore e Signori, buon pomeriggio,


Mi chiamo Asian Abashidze ed ho il piacere di darvi il benvenuto a questo incontro con la stampa tenuto dal Gruppo di Lavoro delle Nazioni Unite sulla Detenzione Arbitraria al termine della sua visita ufficiale in Italia, iniziata il 3 Novembre e conclusasi oggi.

Innanzitutto desidero presentarvi il Gruppo di Lavoro sulle Detenzione Arbitraria (GLDA). Fu costituito dalla passata Commissione sui Diritti Umani nel 1991. L’attuale Consiglio dei Diritti Umani ha esteso il mandato del Gruppo di Lavoro. Il Gruppo di Lavoro è composto da cinque esperti indipendenti rappresentanti i cinque gruppi regionali delle Nazioni Unite e serventi in capacità personale. Due dei cinque membri del GLDA, io ed il Dott. Garretón, formano questa delegazione ufficiale. A questo proposito, siccome la delegazione era formata da solo due dei cinque membri, vorrei sottolineare il fatto che ciò che vi presenteremo costituiscono considerazioni preliminari. Essi saranno esaminati e deliberati dalla plenaria del Gruppo di Lavoro nella sua prossima sessione, nella quale il Gruppo di Lavoro adotterà un rapporto su questa visita. Il rapporto sarà reso pubblico.

Il Gruppo di Lavoro sulla Detenzione Arbitraria è incaricato di investigare casi di privazione della libertà imposta arbitrariamente o comunque in maniera non conforme agli standard internazionali rilevanti contenuti nella Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, nei trattati sui diritti umani e in altri strumenti legali. Come parte del suo lavoro, il Gruppo di Lavoro conduce visite ufficiali negli Stati, su invito dei governi, allo scopo di comprendere meglio la situazione prevalente nel Paese, così come le ragioni dietro a casi di privazioni arbitrarie della libertà in tali Paesi. Gradirei ringraziare a nome nostro il Governo d’Italia per il suo invito.

Il mandato del Gruppo di Lavoro era originalmente confinato a tre categorie di detenzione arbitraria:
- Categoria I: quando è chiaramente impossibile invocare una base legale in giustificazione della privazione della libertà;
- Categoria II: quando la privazione della libertà risulta originata dall’esercizio di diritti e libertà garantite da applicabili strumenti internazionali di protezione dei diritti umani, come la detenzione di persone sulla base della loro religione od opinione politica;
- Categoria III: quando la violazione di norme internazionali relative al diritto ad un processo equo sia di tale gravità da rendere la detenzione arbitraria.

Più di dieci anni fa, la Commissione sui Diritti Umani delle Nazioni Unite domandò al Gruppo di Lavoro di esaminare anche la situazione degli immigrati e dei richiedenti asilo che siano privati della loro libertà. Questo ultimo aspetto del mandato del Gruppo di Lavoro fu la ragione principale della visita in Italia.

Permettetemi di dire alcune parole sul programma della visita. Nel corso degli scorsi 12 giorni la nostra delegazione ha visitato Roma, Napoli, Catania, Caltanissetta, Cassibile e Milano. In ognuna di queste città abbiamo incontrato le autorità, e fra loro:

- Il Ministero dell’Interno, incluso il Sottosegretario Alfredo Mantovano, il Capo della Polizia ed il Direttore del Dipartimento delle Libertà Civili e dell’Immigrazione, nonché numerose prefetture e ufficiali di polizia a livello locale;
- il Ministero di Giustizia, incluso il Ministro della Giustizia e i capi di dipartimento degli affari giudiziari, dell’amministrazione penitenziaria e della giustizia minorile;
- funzionari del dipartimento di Salute Mentale del Ministero del Lavoro, Salute e Politiche Sociali;
- il Consiglio Superiore della Magistratura, la Corte di Cassazione e numerosi giudici e pubblici ministeri a Napoli e Milano;
- la Commissione Giustizia del Senato;
- i Difensori Civici competenti per i diritti delle persone private delle loro libertà di Lazio e Campania, nonché della Provincia di Milano.

Abbiamo inoltre incontrato rappresentanti dell’Ordine degli Avvocati, avvocati penalisti, tra cui alcuni specializzati in casi di terrorismo ed avvocati difensori di immigrati e richiedenti asilo, nonché numerosi rappresentanti di organizzazioni della società civile attive nei campi del sistema giudiziario e dell’immigrazione ed asilo.

Forse ancora più degno di nota, abbiamo visitato molti luoghi dove persone sono privati della loro libertà e abbiamo tenuto colloqui in privato con i detenuti. Fra questi luoghi vi sono i carceri di Rebibbia e Poggioreale, un ospedale psichiatrico giudiziario, il dipartimento di salute mentale di un ospedale, istituti per rei di minore età, centri di detenzione di polizia a Napoli, istituti per richiedenti asilo e centri di detenzione ed espulsione per immigrati.

Desideriamo sottolineare che abbiamo goduto in tutti i sensi della più ampia cooperazione da parte del Governo Italiano. Siamo stati autorizzati a visitare tutti i luoghi di detenzione a cui abbiamo fatto richiesta e di intervistare in privato detenuti di nostra scelta, senza alcuna restrizione. Il Governo ci ha provvisto con copia di tutti i documenti che abbiamo richiesto.

Do ora la parola al mio collega e pari, Dott. Roberto Garretón, che presenterà alcune considerazioni preliminari della delegazione del Gruppo di Lavoro che ha visitato l’Italia.

Ci è stato riferito innumerevoli volte nelle scorse due settimane che non può esistere detenzione arbitraria in Italia nel senso di detenzione senza base legale o in violazione di garanzie fondamentali di processo equo. Ci è stato così riferito non solo da funzionari dei ministeri di giustizia e dell’interno, da giudici, pubblici ministeri ed ufficiali di polizia, ma anche da rappresentanti della società civile, generalmente molto critica.

Tendiamo ad essere d’accordo con questa valutazione, ma con alcune notazioni qualificanti. La forza dell’impegno del Governo verso i diritti umani – tra i quali le garanzie di processo equo – è in realtà messa alla prova quando si ritrovi ad affrontare una emergenza percepita o reale. Vi sono almeno tre situazioni attualmente percepite da alcuni come situazioni critiche contrastanti l’applicazione della legge e la giustizia in Italia e perciò richiedenti misure straordinarie:
- la lotta contro il crimine organizzato di tipo mafioso;
- una presunta allarmante crescita di criminalità ordinaria da parte di stranieri residenti in Italia senza permesso; e
- la minaccia post-11 Settembre del terrorismo internazionale.

Nel rispondere ad ognuna di queste situazioni il Governo ricorre a misure straordinarie riguardanti la privazione della libertà. Certamente non si tratta di casi flagranti di detenzione arbitraria, ma sollevano alcune preoccupazioni che discuteremo con i nostri colleghi a Ginevra ed esamineremo nel nostro rapporto.

In merito alla lotta contro il crimine organizzato, abbiamo esaminato la questione del “carcere duro” secondo l’articolo 41 bis della Legge sul Sistema Penitenziario. Ci è stato riferito dal governo, da giudici e pubblici ministeri che questa norma speciale è necessaria per combattere crimini di stampo mafioso in maniera efficace e proteggere la società. Siamo anche a conoscenza del fatto che la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha ripetitivamente sostenuto che questa forma di detenzione non costituisce tortura, o trattamento inumano o degradante. Rimane, comunque, una certa preoccupazione riguardo il continuo rinnovo di tali misure, anno dopo anno, in molti casi. Abbiamo incontrato un detenuto il quale ci ha riferito di trovarsi nel suo quattordicesimo anno di “carcere duro” secondo l’articolo 41 bis, situazione confermata dall’amministrazione penitenziaria.

A proposito degli sforzi per prevenire la criminalità da parte di stranieri irregolari, il Governo ha adottato una serie di misure che hanno catturato la nostra attenzione:
- arresto obbligatorio e processi immediati o per direttissima (fast track trial) per stranieri che rimangono in Italia in infrazione di un ordine d’espulsione;
- l’emendamento al codice penale che ha reso lo status di straniero presente irregolarmente una circostanza aggravante per ogni reato. In altre parole, se un cittadino italiano e uno straniero irregolarmente presente rubano una macchina insieme, lo straniero riceverà una sanzione penale significativamente più alta dell’italiano. Questa norma solleva preoccupazione.
- il Parlamento sta attualmente dibattendo sulla criminalizzazione dell’entrata illegale nel Paese. A questo proposito, notiamo con sollievo che la proposta di punire l’entrata illegale con misure detentive è stata ritirata.

In merito alla lotta contro il terrorismo internazionale, il sistema giudiziario italiano sta rispondendo vigorosamente a questa minaccia tramite l’investigazione, la prosecuzione e l’imprigionamento di persone coinvolte in attività terroristiche. Secondo informazioni dettagliate forniteci da pubblici ministeri competenti su questi crimini, più di 90 terroristi internazionali sono stati condannati a punizioni detentive in Italia dall’11 Settembre 2001. Questa è una risposta che soddisfa i requisiti “gemelli” del diritto internazionale: proteggere la popolazione contro i crimini terroristi rispettando allo stesso tempo i principi fondamentali del diritto sulla tutela dei diritti umani.

Vi è comunque anche un “lato oscuro” nella risposta al terrorismo internazionale da parte della autorità: stranieri sospettati di terrorismo possono essere e sono rinviati in Paesi dove essi sono soggetti ad un considerevole rischio sostanziale di detenzione arbitraria e di essere soggetti a processi profondamente iniqui, nonché a pratiche di tortura. Tali espulsioni hanno luogo senza un controllo giudiziario efficace. In alcuni casi, stranieri che sono stati processati ed assolti da accuse di terrorismo in Italia sono stati poi espulsi verso Paesi dove sono stati immediatamente imprigionati, con gran probabilità in seria violazione delle garanzie ad un processo equo. Chiamiamo il Governo a riconsiderare questa pratica.

Quando svolge una vista ufficiale, il GLDA è sempre richiamato a dare particolare attenzione alla privazione della libertà di gruppi vulnerabili di persone. Qui in Italia, come in altri Paesi, abbiamo esaminato la detenzione di rei di minore età e di persone che vivono con problemi di salute mentale.

Nelle scorse due settimane abbiamo visitato due prigioni per la detenzione di minori immediatamente dopo l’arresto ed una comunità dove rei minori d’età vivono in surrogazione della pena di detenzione. Abbiamo parlato con alcuni di questi minori che vivono in tali istituti e con le persone in carico di dirigerli, nonché con giudici e pubblici ministeri di tribunali minorili. Siamo molto impressionati positivamente dal sistema di giustizia minorile in Italia. Esso costituisce un’applicazione molto ampia dei principi sul trattamento di rei di minore età contenuti nella Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti del Fanciullo e del principio contenuto nell’articolo 27 della Costituzione Italiana che le sanzioni penali debbano mirare alla riabilitazione del reo. L’Italia può servire da modello per molti altri Paesi in tale rispetto.
Alcune persone con cui abbiamo parlato sono preoccupate che il sistema giudiziario minorile soffrirà sostantivi tagli budgetari nei prossimi anni. Tali tagli, si teme, metterebbero in pericolo l’attuale modello e forzerebbero ad una drastica riduzione delle attività nelle prigioni per minori finalizzate alla riabilitazione dei detenuti, nonché la possibilità di ricercare efficacemente alternative alla detenzione per minori in conflitto con la legge. Lanciamo un appello al Governo a continuare a provvedere i mezzi necessari per permettere al sistema di giustizia minorile di funzionare nella maniera esemplare in cui funziona oggi.

Per quel che concerne la privazione della libertà di persone che soffrono di disabilità mentali, abbiamo visitato un ospedale dove trattamento medico obbligatorio viene propinato a pazienti con problemi di salute mentale ed abbiamo parlato con pazienti e medici. Siamo stati impressi molto positivamente dalle restrizioni minime imposte alla libertà dei pazienti e dal prevalente spirito del rispetto per la dignità dei pazienti. La situazione è molto differente negli ospedali giudiziari psichiatrici dove vengono detenute persone che hanno commesso un reato e sono state riconosciute non responsabili sulla base di malattia mentale. Quella che abbiamo visitato era in ogni senso una prigione. Siamo a conoscenza del fatto che nella passata legislatura una commissione istituita dal Parlamento ha suggerito profonde riforme al sistema e vorremmo incoraggiare il Parlamento di inserire questo argomento all’ordine del giorno anche ora.

Come menzionato all’inizio, la problematica più importante che intendevamo esaminare durante la nostra visita in Italia è la detenzione amministrative di immigranti e richiedenti asilo che giungono in Italia senza un permesso o vi rimangono oltre la validità del permesso che possiedono.

Sotto molti aspetti, la risposta delle autorità italiane e della società civile all’afflusso massivo di esseri umani in fuga da situazioni di guerra ininterrotta, persecuzione o disperata povertà alla ricerca di una vita migliore è ammirabile, in conformità con le tradizioni italiane di generosità e volontarismo internazionale. Migliaia di uomini, donne e bambini a rischio di annegamento vengono salvati nelle acque esterne ogni anno, vengono portati in Italia, gli viene fornito trattamento medico, cibo e riparo, ed informazioni sul diritto di richiedere asilo.

Vi sono, comunque, anche alcune significative preoccupazioni dal punto di vista del rispetto dei diritti umani in merito ai centri ove immigrati e richiedenti asilo sono detenuti, in particolare in merito alla privazione della libertà alla quale sono sottoposti. Nel 2006 il Governo istituì una commissione per esaminare la situazione dei centri per persona in attesa di espulsione e per formulare raccomandazioni per migliorare i centri, la loro gestione e il quadro legale nel quale operano. Le raccomandazioni rese all’interno del suo rapporto finale da tale commissione (riconosciuta come la “commissione De Mistura” dal funzionario delle Nazioni Unite incaricato dal Governo a presiederla) rimangono valide e, in larga parte, ancora attendono implementazione. Vorremmo sottolineare tre punti riguardanti la privazione della libertà sollevati nel rapporto De Mistura che alimentano preoccupazione ancora oggi:
- nel primo periodo nei centri di ricezione, che può durare da una settimana a più di un mese, richiedenti asilo vengono di fatto detenuti. La base giuridica per tale detenzione è debole e non esiste controllo giudiziario su questa detenzione.
- Stranieri che devono essere espulsi dall’Italia dopo aver servito una sanzione penale di imprigionamento sono spesso detenuto per altri sessanta giorni in un Centro per Identificazione ed Espulsione per accertare la loro identità e ottenere i documenti di viaggio per il loro rimpatrio, quando tali procedure avrebbero potuto essere completati mentre si trovavano in prigione;
- Alcuni stranieri che per una serie di ragioni non possono essere rimpatriati vengono nondimeno detenuti in Centri d’Identificazione ed Espulsione. Dopo il termine massimo di sessanta giorni di detenzione vengono rilasciati per poi venire presi e detenuti ancora per sessanta giorni in tali centri qualche mese o perfino anni dopo con lo stesso risultato. Abbiamo incontrato molti internati in questa situazione. La loro detenzione è interamente legale da un punto di vista formale, ma non molto ragionevole. Come suggerito anche dal rapporto De Mistura, il Governo dovrebbe promuovere incentivi per il rimpatrio volontario al posto della privazione della libertà che, in molti casi, non raggiunge i suoi fini.


Chiamiamo il Governo ad implementare le raccomandazioni avanzate nel rapporto De Mistura.

In merito alla durata della detenzione nei centri d’espulsione vorremmo sottolineare che il limite di 18 mesi previsto nelle Direttiva sul Ritorno dell’Unione Europea è intesa limitare la durata della detenzione in Paesi che attualmente non prevedono limiti. Certamente non è intesa a incoraggiare Paesi con leggi che stabiliscono limiti ragionevoli, come quello di sessanta giorni in Italia, ad abbandonare le loro buone pratiche."



Per la Dichiarazione in inglese. For the statement in english: CLICK HERE.

Monday 10 November 2008

Voto di Civiltà















Oggi è un giorno storico per il Trentino.Scrivo per esprimere la mia gioia nell'apprendere dei risultati alle elezioni provinciali e le mie opinioni su di esse. In molti aspetti, queste elezioni marcano un punto importante per la comunità trentina. La mia intitolazione di questo post "Un voto di civiltà" riflette il mio sentimento verso la mia terra e disegna quello che per me constituisce un parallelismo tra queste elezioni e le elezioni nazionali francesi del 2002. Anche là i francesi si trovarono di fronte ad un voto di civiltà: scegliere tra Le Pen e Chirac. Anche in quell'occasione la risposta fu forte.

Premetto che questa volta, e con mio rammarico, non mi sono recato a votare a causa della repentina posticipazione delle elezioni. Ciononostante, confesso che questo avvenimento mi ha tenuto con il cuore in gola.

Il voto di oggi sottolinea un'altra volta la specificità dei Trentini, popolazione a vocazione di tolleranza e solidarietà. Elementi per non votare Dellai ce n'erano, non fosse altro per avere un cambio, al di là del buongoverno che ha garantito in questi anni. Ma di fronte alla sfida di civiltà propostaci dalla candidatura di Divina, esponente di un partito che esprime visioni anche xenofobe ed intolleranti (basti il suggerimento di "treni speciali" per gli immigrati extracomunitari di Boso e dello stesso Divina – vedi "Repubblica.it" del 17 gennaio 2003, http://www.repubblica.it/online/politica/boso/boso/boso.html -, per fare un esempio), la scelta è divenuta unica ed imperativa: il Trentino, terra di tolleranza e solidarietà appunto, secondo la mia opinione non vuole e, per la salvezza anche della sua immagine, non deve essere associato e rappresentato da un partito con quella storia e quei messaggi. I Trentini hanno delle peculiarità differenti dal resto del Nord-est, e d'Italia. I Trentini raccolgono in se stessi i semi di due culture di confine: quella latina e quella mitteleuropa. Questa realtà e questo sentimento di confine (che assicuro da "espatriato" si avverte in maniera particolare quando si ha a che fare con nazioni e culture differenti) marcano una vocazione forte, direi cogente, nei Trentini verso l'incontro, la comprensione ed il rigetto dell'intolleranza.

La mia speranza è che questo voto segni un punto di non ritorno. Un momento in cui il Trentino decida di risolvere i vari problemi d'integrazione che esistono, con un sentimento aperto, come una sfida di crescita. I nostri nonni erano emigranti: non dimentichiamolo mai! Le nostre radici sono salde e sono state costruite nelle sfide della storia che ci hanno reso una realtà unica ed incomparabile col resto d'Italia. Dopo questo no all'intolleranza, possiamo e dobbiamo lanciare una sfida per un Trentino esemplare in Europa, la nostra casa naturale. Un esempio lo siamo stati nel dopoguerra, quando la nostra regione ha rappresentato, e continua a rappresentare, un esempio illuminante di convivenza e solidarietà fra gruppi linguistici differenti (ma non cosi differenti culturalmente). Ora possiamo e dobbiamo costruire una comunità aperta al nuovo ed ai nuovi, con la memoria del nostro passato e le storie dei nostri nonni emigranti nel cuore e nella testa.

Dopo il 9 Novembre, il Trentino può e deve essere un faro in Europa ed in Italia. Questo è un appello che rivolgo al Presidente Dellai, alla nuova Giunta ed al nuovo Consiglio Provinciale. Ancora ed infine, ringrazio di cuore, non sapete quanto, i Trentini che hanno votato domenica. Grazie per questa prova di civiltà. Sono orgoglioso di essere Trentino!

Thursday 11 September 2008

Processo Fujimori - la responsabilità mediata

Pubblico di seguito l'intervento dell'esperto internazionale Federico Andreu Guzman al processo contro l'ex presidente Peruviano Fujimori. Prossimamente sarà pubblicato un post sulla teoria della responsabilità mediata e la sua importanza.






































Monday 7 July 2008

Sparizioni Forzate in Colombia...realtà sconosciuta da conoscere


Pubblico di seguito la mia traduzione di un'articolo sulla Colombia apparso di recente. Questo dice molto di quanto non si conosca della realtà di questo paese che non si limita solo alle FARC.

"La sparizione forzata di persone è balzata ai titoli della cronaca colombiana negli ultimi mesi perché le cifre sono considerevolmente cresciute e per via delle decisioni giudiziali adottate.

Recentemente è stato incarcerato un generale dell'esercito ed altri due sono stato messi sotto investigazione dalla Procura della Repubblica per la sparizione di una dozzina di persone durante la presa del Palazzo di Giustizia nel 1985.

Ciononostante, ci sono ancora le confessioni riliasciare dai paramilitari che cercano benefici giudiziali, la apparizioni di cimiteri clandestini e il recupero di resti ossei da parte della Procura General della Repubblica.

Mentre nel 2000 si parlava di circa 3500 casi di sparizioni forzate, oggi la Procura Generale rivela che sta investigando la sparizione di 15.645 persone.

Le organizzazioni non governative assicurano che potrebbero essere più di 30.000 le persone delle quali non si conosce il destino.

"Basta"

"Sicuramente saranno più di 30.000", ha affermato BBC World Federico Andreu, Consigliere Generale della Commissione Internazionale di Giuristi (CIG), che si è recato a Bogotà per un seminario internazionale, inaugurato dal giudice spagnolo Baltasar Garzón, sopra le sparizioni forzate.

Il più recente rapporto sulla Colombia dell'Alta Commissaria delle Nazioni Unite per i Diritti Umani ricordò che nel 2007 i paramilitari rivelarono l'ubicazione di 1.009 fosse calndestime, che permisero il recupero dei resti di 1.196 desaparecidos, benché non siano stati molti quelli identificati.

Secondo Andreu, l'aumento delle cifre si deve ad una incorretta registrazione delle sarizioni, soprattutto nelle zone rurali, ma anche al fatto che la gente parli maggiormente oggigiorno e che "la società sta cominciando a dire: basta con questa realtà".

Intervenendo nel seminario, Gustavo Gallòn, direttore della CCJ, disse che tra la metà del 2002 e del 2007 si ebbero 1.259 sparizioni forzate in Colombia, il 97% delle quali sono attribuite dalla sua organizzazione ad agenti statali e paramilitari, ed il 3% alla guerriglia.

Andreu, esperto che lavorò alla redazione della Convenzione delle Nazioni Unite contro la Sparizione Forzata, spiega che una caratteristica di questo delitto "é che è stato come il crimine del silenzio, il crimine perfetto. La gente non vuole parlarne, né i familiari né i testimoni

E non vogliono parlare, aggiunge, perché sperano che i propri famigliari ritornino o perché sono stati minacciati dagli autori della sparizione.

Il paradosso é che l'aumento delle cifre avviene successivamente a quando la Colombia nel 2000 tipizzò la sparizione forzata come delitto nel Codice Penale.

Fino a quel momento, senza dubbio non si conoscevano molte condanne per tale delitto. E nemmeno si è concluso con sentenza giudiziale alcuno dei processi della legge "Giustizia e Pace", alla quale si sono rivolti circa 3.000 paramilitari.

Volontà Politica


Andreu crede che considerando le decisioni della Corte Interamericana dei Diritti Umani contro lo Stato Colombiano, manchi la volontà politica del sistema giudiziario nazionale per perseguire la sparizione forzata.

Carlos Franco, direttore del Programma Presidenziale dei Diritti Umani, ha risposto che il governo del Presidente Alvaro Uribe ha promosso la adozione del Piano Nazionale di Ricerca delle Persone Scomparse dall'inizio del 2007 ed ha anche approvato un piano -shock per lottare contro tale delitto.

In considerazione di questo, il rapporto della Alta Commissaria delle Nazioni Unite per i Diritti Umani sulla Colombia assicura che l'applicazione del Piano Nazionale di Ricerca delle Persone Scomparse è stato "molto incipiente".

Susan Lee, direttrice per le Americhe di Amnesty International, ha detto a BBC World che "si continuano a presentare quasi giornalmente casi di sparizioni forzate in Colombia."

BBC World ha consultato la Procura Generale della Nazione, che è il supremo garante dei diritti umani nel paese, rappresenta la società nei casi penali e vigila e sanziona disciplinariamente gli agenti dello Stato.

La Procura ha informato che attualmente tiene 16 investigazioni disciplinari per sparizioni forzare, la cui maggioranza sono nell'esercito.

Senza punizioni per ora

Benché all'inizio degli anni 90 la Procura destituì due generali per sparizioni forzate, in nessuna delle investigazioni recenti si sono prodotte, per ora, sanzioni disciplinari contro i presunti responsabili.

Un alto funzionario della Procura ha ammesso che l'azione penale e disciplinaria dei responsabili delle sparizioni forzate si arena frequentemente per trappole burocratiche, che smorzano efficacia e rapidità alle investigazioni ed alla ricerca delle vittime.

Lee segnala che "richiama molto all'attenzione il fatto che, mentre la gran maggioranza dei paesi dell'America Latina hanno superato questa triste storia, la Colombia continua ad essere l'unico que anno dopo anno rientra nella lista dove la sparizione forzata continua ad essere una pratica ricorrente".

Alla fine, Andreu afferma che la criminalizzazione della sparizione forzata finirà per essere applicata prima o poi in Colombia,come stà succedendo in Perù con la legge che si adottò nel 1992 sotto il governo di Alberto Fujimori."

Allego qui link all'articolo originale in spagnolo.

Non dimentichiamo la Colombia!!

Friday 4 July 2008

Constitutionalists call on the Parliament against privileges
























Today, according to the newspaper "La Repubblica", around 100 Constitutional Lawyers have signed the following petition. I provided here with the English translation (done by me). The original text and reference is to be found in the website of "La Repubblica".

“The below-mentioned Professors of Constitutional Law and of equivalent disciplines, seriously worried about the recent legislative initiatives meant to: 1) block for a year the criminal proceedings in act for facts committed before 30 June 2002, with the exclusion of crimes punished with detention of more than 10 years; 2) to reintroduce in our legal system the temporary immunity for common crimes committed by the President of the Republic, the President of the Council of Ministers and the Presidents of the House of Representatives and the Senate even before the moment of enter into office, as it was provided by article 1 (2) of Law 140/2003, that was declared unconstitutional by the Constitutional Court with sentence 24/2004. We anticipate that article 1(2) of the Constitution, by declaring that “Sovereignty belongs to the people, that exercises it in the forms and within the limits of the Constitution”, excludes that the people could, with his vote, makes judicially immune the persons entitled to a public elective office and that these, only for the fact of vesting institutional offices, be exempted by the imperative respect of the Constitutional Charter. We acknowledge that, with reference to the conversion law of Law Decree 92/2008, that articles 2-bis and 2-ter there introduced by amendment give rise to unsolvable constitutional questions: 1) by being all alien to the logic of the Security Decree, they lack the requirement of necessity and urgency according to article 77(2) of the Constitution (see, sentences 171/2007 and 128/2008, Constitutional Court); b) violate the principle of the reasonable length of the trial (article 111(1), Constitution, and article 6, European Convention on Human Rights); c) breach the principle of mandatory nature of criminal proceedings’ initiation (article 112 Constitution), according to which the legislator does not have the power to suspend the trials, but only, and at maximum, to provide with – flexible - criteria that the judicial offices must inspire to in the formation of the trials’ schedules; d) the date of 30 June 2002 does not present any objective and rational ground; e) there is no reasonable justification for a so generalised suspension that, at his elapse, would produce further devastating effects of judicial disfunctions that will arise in the meantime. We register that, in reference to the so-called “Lodo Alfano”, that the temporary suspension there provided for, by affecting generally the common crimes committed by the people in charge of the abovementioned four high charges, is in violation not only of the reasonable length of trials and the principle of mandatory nature of criminal proceedings’ initiation, but also and mainly of article 3(1) of the Constitution, according to which all citizens “are equal before the law”.

We observe, on this issue, that the present derogations to this principles in favour of people in charge of high institutional offices – all provided for by constitutional norms or grounded on precise constitutional obligations – concern always and exclusively acts and facts done in the exercise of their functions. Nevertheless, in the so-called “Lodo Alfano” the fact of being in charge of a high institutional office is deemed not only as a ground and limit of the “functional” immunity, but as a mere pretext in order to suspend the ordinary work of justice with reference to “common” crimes.

For what concerns the analogous article 1(2) of Law 140/2003, we recognise that, while declaring its unconstitutionality with sentence no. 24/2004, the Constitutional Court limited itself at assessing that the questioned legislative provision lacked many requirements and conditions (among which the mandatory indication of the requirement – i.e. of the crimes to which immunity would apply – and the also mandatory equal treatment of ministers and members of the parliament in the hypothesis of immunity, respectively of the Premier and of the President of the Two Chambers), at a level that made it inevitably in breach of the principles of Rule of Law.

Nevertheless, the Court did this without facing the basic issue, here treated, of the necessity that any kind of prerogatives that requires derogations to the principles of equality in criminal jurisdiction must be introduced necessarily and exclusively by Constitutional Law.

Finally, given the inexact news spread around on the issue, we deem useful to remind that the temporary immunity for common crimes is provided for only in the Greek, Portuguese, Israeli and French Constitutions, in reference only to the President of the Republic, while analogous immunity is not provided for the President of the Council and for the Ministers in any legal systems of parliamentary democracy similar to ours, neither in the Spanish system, often recalled but always inexactly.”

Signatures

Alessandro Pace, Valerio Onida, Leopoldo Elia, Gustavo Zagrebelsky, Enzo Cheli, Gianni Ferrara, Alessandro Pizzorusso, Sergio Bartole, Michele Scudiero, Federico Sorrentino, Franco Bassanini, Franco Modugno, Lorenza Carlassare, Umberto Allegretti, Adele Anzon Demmig, Michela Manetti, Roberto Romboli, Stefano Sicardi, Lorenzo Chieffi, Giuseppe Morbidelli, Cesare Pinelli, Gaetano Azzariti, Mario Dogliani, Enzo Balboni, Alfonso Di Giovine, Mauro Volpi, Stefano Maria Cicconetti, Antonio Ruggeri, Augusto Cerri, Francesco Bilancia, Antonio D'Andrea, Andrea Giorgis, Marco Ruotolo, Andrea Pugiotto, Giuditta Brunelli, Pasquale Costanzo, Alessandro Torre, Silvio Gambino, Marina Calamo Specchia, Ernesto Bettinelli, Gladio Gemma, Roberto Pinardi, Giovanni Di Cosimo, Maria Cristina Grisolia, Antonino Spadaro, Gianmario Demuro, Enrico Grosso, Anna Marzanati, Paolo Carrozza, Giovanni Cocco, Massimo Carli, Renato Balduzzi, Paolo Carnevale, Elisabetta Palici di Suni, Maurizio Pedrazza Gorlero, Guerino D'Ignazio, Vittorio Angiolini, Roberto Toniatti, Alfonso Celotto, Antonio Zorzi Giustiniani, Roberto Borrello, Tania Groppi, Marcello Cecchetti, Antonio Saitta, Marco Olivetti, Carmela Salazar, Elena Malfatti, Ferdinando Pinto, Massimo Siclari, Francesco Rigano, Francesco Rimoli, Mario Fiorillo, Aldo Bardusco, Eduardo Gianfrancesco, Maria Agostina Cabiddu, Gian Candido De Martin, Nicoletta Marzona, Carlo Colapietro, Vincenzo Atripaldi, Margherita Raveraira, Massimo Villone, Riccardo Guastini, Emanuele Rossi, Sergio Lariccia, Angela Musumeci, Giuseppe Volpe, Omar Chessa, Barbara Pezzini, Pietro Ciarlo, Sandro Staiano, Jörg Luther, Agatino Cariola, Nicola Occhiocupo, Carlo Casanato, Maria Paola Viviani Schlein, Carmine Pepe, Filippo Donati, Stefano Merlini, Paolo Caretti, Giovanni Tarli Barbieri, Vincenzo Cocozza, Annamaria Poggi.

Thursday 3 July 2008

Betancourt Libera - Non dimentichiamo la Colombia!!!


Ieri sera (GMT time) Ingrid Betancourt é stata liberata in un blitz dell'esercito colombiano in un'operazione speciale. La notizia è delle migliori. La felicità ed i pensieri vanno a lei ed alla famiglia.

Inoltre e soprattutto, non bisogna dimenticare che altri tre americani sono stati liberati ed undici soldati colombiani. Anche a loro vanno destinate al stessa felicità e lo stesso sollievo, che non hanno passaporto o visibilità mediatica, o almeno non dovrebbero averlo.

In secondo luogo, il pensiero va alla Colombia. Un paese che troppo spesso è stato recentemente associato solamente alle FARC ed alla celebre prigioniera. Due aspetti sono particolarmente preoccupanti in un giorno altrimenti felice.

Innanzitutto, la liberazione di Ingrid è una vittoria simbolica del Presidente Alvaro Uribe Velez. Il rischio è che l'euforia conseguente cancelli ogni attenzione internazionale, nonché anche dell'opinione pubblica interna, su quelli che, almeno a livello statistico, sono i grandi problemi della Colombia: esecuzioni sommarie ed extragiudiziali, l'esistenza di una fitta rete di paramilitari (o forze private o come il governo preferisce chiamarli), il continuo problema dei diritti dei lavoratori (basti pensare che Colombia è uno dei primi, se non il primo Paese per uccisione di sindacalisti) e i continui conflitti di alto livello tra i poteri dello Stato (vedi, ultimo intervento del Presidente Uribe contro la Corte Suprema, minacciando un referendum).
Per ulteriori informazioni, pubblico il link di una organizzazione non governative colombiana molto brava e molto seria: la Commissione Colombiana di Giuristi.

Infine, la liberazione di un passaporto europeo ha tolto alle FARC il loro contrappeso nei negoziati con l'Unione Europea per essere tolti dalle liste antiterrorismo della stessa. L'Unione Europea non deve assolutamente abbandonare la Colombia ed i problemi sopra elencati solo perché i suoi cittadini al momento non sono sequestrati. E questo perché l'Unione Europea in Colombia (paese a forte controllo e sfruttamento statunitense) puo e deve giocare la carta dei diritti umani, facendo una diplomazia delle popolazioni e dei diritti e non dei governi. Tale diplomazia ha effetti a lungo termine altamente positivi. In secondo luogo, l'Unione Europea non deve abbandonare la Colombia perché altrimenti donerebbe la dimostrazione certa che per lei esistono esseri umani di serie A (UE) e di serie C o D (il resto del mondo, a parte USA, Canada e cosi via), ribadendo una mentalita colonialista e un oblio del concetto di universalità dei diritti umani che puo solo far vergogna a chi aspira ad essere un grande attore internazionale.

Non chiudete gli occhi sulla Colombia!!!

Qui di seguito links ai video della Conferenza Stampa di Ingrid Betancourt subito dopo la liberazione.

Opinione del CSM - dov'è la Costituzione?



Il primo luglio, il Consiglio Superiore della Magistratura ha emesso ed approvato la sua opinione consultiva sul Decreto Legge no. 92/2008 del governo italiano, al momento in discussione alla Camera dei Deputati. Pubblichiamo qui il link all 'opinione.
Ben ricordando che il CSM non ha il potere di dichiarare la costituzionalità o meno di una norma. A questo proposito la lettera inviata dal Presidente della Repubblica al CSM stesso risulta scoraggiante. Non tanto per il contenuto, che è sacrosanto, ma esattamente perché la ovvietà dello stesso ci fa capire che o la coscienza civica italiana é arrivata all'ignoranza totale delle basiche regole democratiche o la Presidenza della Repubblica ha talmente svuotato il suo ruolo da non essere capace di interventi oltre al banale. Uno dei segnali piu preoccupanti è che un'istituzione costituzionalmente devota alla difesa della Costituzione si preoccupi piu della concordia nazionale (quale poi?) che della Costituzione stessa.
Comunque, per tornare al centro del discorso, l'opinione del CSM fa un'analisi del decreto che nelle parti critiche è abbastanza impietosa. L'aggravante generale e l'abolizione della condizionale per colpevoli di reato penale che si trovino illegalmente sul territorio italiano è riconosciuta come contraria alla giurisprudenza della Corte Costituzionale. Le nuove norme sulle espulsioni secondo il CSM intaseranno il sistema degli uffici giudiziari con il massivo ricorso - ora obbligatorio e non facoltativo - alle procedure per direttissima ed immediata. La reiscrizione a ruolo dei casi allo scopo di dare la precedenza a determinati reati non solo confligge con il principio costituzionale dell'obbligatorietà dell'azione penale ma anche con i diritti derivanti dal giusto processo. Riguardo alla cosidetta norma salva-processi o salva-premier, il CSM rivela la sua irragionevolezza in quanto si trova a sospendere i processi per alcuni reati che in altre norme del decreto stesso dichiara d voler piu fortemente perseguire. 
Finalmente, l'organo di auto-governo della magistratura italiana critica con vigore il sistema dell'utilizzo del decreto-legge per l'introduzione di norme penale o intervenenti su aspetti privativi di diritti e libertà fondamentali.
Ciò che lascia delusi nella opinione del CSM è la rarità di paragoni a diritti e clausole costituzionali. Probabilmente la lettera del Capo dello Stato ha alquanto intimidito il consesso. Inoltre, ma questo è un problema generale del sistema giudiziale italiano, nessun riferimento è stato fatto al diritto internazionale che, in quanto contenuto sostanziale degli obblighi dell'articolo 117(1) della Costituzione, costituisce parametro di valutazione della costituzionalità delle leggi (e dei decreti legge).
Speriamo solamente che non si debba attendere la Corte Costituzionale o la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo per rimediare a questi pasticci.
Anche se geograficamente lontano, aderisco alla manifestazione dell'8 luglio a Roma contro le leggi canaglia.

Monday 30 June 2008

Intollerabili interferenze contro l'indipendenza della magistratura


Il governo italiano non si è fatto attendere per farsi notare agli occhi della comunità internazionale e dei suoi colleghi europei. Tra i molti motivi troviamo xenofobiche campagne anti-rom contro concittadini europei, un approccio anti-migratorio profondamente discriminatorio e che per la prima volta in Europa tracima fino al campo del diritto penale sostanziale - misure queste che hanno sollecitato la critica del Commissario del Consiglio d'Europa per i diritti umani, Thomas Hammarberg e dell'Alta Commissaria delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, Louise Arbour, nel suo discorso di commiato al Consiglio dei Diritti Umani -, misure sicuritarie che fanno di crimini ordinari un sistema emergenziale - e di cui ci occuperemo piu approfonditamente in futuri posts -, nonché l'utilizzo dell'esercito potenzialmente anche per il controllo del dissenso popolare nella gestione dei rifiuti. Ma quello che preoccupa particolarmente, perché appare un abitudine mai sopita, è il continuo ed inasprito attacco del Presidente del Consiglio dei Ministri, on. Silvio Berlusconi, e del suo seguito politico, verso esponenti della magistratura italiana che mirano alla delegittimazione del terzo potere democratico. In Italia si è instaurata ormai la convinzione, perlomeno in una parte della popolazione, che chi è investito della volontà popolare si ritrovi al di sopra della legge, e per questo faccia delle leggi a proprio uso e consumo e non possa sopportare di essere oggetto di controllo legale e giudiziario. L'intervento dell'on. Berlusconi attraverso la sua lettera letta dal Presidente Schifani in Senato e l'annuncio di ricusazione del giudice nel suo processo, apparentemente perché quest'ultimo ha espresso opinioni su passati provvedimenti legislativi presi dal suo governo (e chi in Italia non ha preso posizioni su questo tema??), sono altamente irresponsabili perché sminuiscono l'importanza simbolica del Parlamento - ridotto a sgherro supino - e minano alla fiducia nella magistratura ed alla sua indipendenza. Un attacco come questo, oltre a violare il Principio numero 4 dei "Principi Fondamentali delle Nazioni Unite sull'Indipendenza della Magistratura", espressione dichiarativa del contenuto delle obbligazioni internazionali vertenti sugli Stati firmatari del Patto Internazionale dei Diritti Civili e Politici (inter alia) di garantire un accesso alla giustizia imparziale e, di conseguenza, una fiducia nella giustizia che permetta lo svolgersi ordinato dei processi, costituisce un gravissimo vulnus al concetto stesso di Stato di Diritto. L'emendamento allegato al D.d.l. di conversione del Decreto Legge 92/2008 sulla sicurezza, volto a interrompere per un anno assieme ad altri processi anche quelli del premier, e che alla prima possibilità incontrera la scure della Corte Costituzionale in quanto violativo del principio di obbligatorietà dell'azione penale e di uguaglianza dei cittadini, è un primo passo in questa direzione. La proposizione di un Lodo-Schifani-bis, dopo che il primo è già stato dichiarato incostituzionale dalla Corte Costituzionale, ne è un'ulteriore dimostrazione.
Il senso istituzionale si sta lacerando da lungo tempo in Italia, sotto lo sguardo silenzioso e timido del Quirinale, che in nome di una indefinta concordia nazionale, lentamente dimentica il proprio ruolo principale, che è quello di Guardiano della Costituzione Italiana. Una deriva pericolosa è in atto e sta diffondendosi nella mentalità politica. E' necessario levare una forte accusa alla personalizzazione della politica ed alla nascita di una nuova filosofia del principe, altrimenti, quando ci ritroveremo con una persona od una classe di persone che si trovi fuori dal controllo della legge - e, per conseguenza logica, della magistratura che tale legge applica -, avremo perso lo Stato di Diritto.

Di seguito trovereto il link dell'intervento che la Commissione Internazionale di Giuristi (International Commission of Jurists - ICJ) - ONG internazionale per lo Stato di Diritto e i Diritti Umani - ha effettuato a questo merito: ICJ-Intervention on Italy.

Invito a diffonderlo ed a segnalarmi iniziative dello stesso tipo.

Facciamo rete per la democrazia!