Sunday 23 November 2008

UNITED NATIONS BODY ANALYSES ITALIAN DETENTION SYSTEM - ORGANO DELLE NAZIONI UNITE ANALIZZA IL SISTEMA DETENTIVO IN ITALIA


Riportiamo tradotta in italiano la dichiarazione del Gruppo di Lavoro delle Nazioni Unite sulla Detenzione Arbitraria in seguito alla sua visita in Italia. La traduzione non è ufficiale ed é state effettuata dall'autore di questo blog. Nel caso riscontraste alcuni errori Vi preghiamo di segnalarli all'autore via email o tramite commenti.

We report here the statement of the UN Working Group on Arbitrary Detention on its visit in Italy, translated in Italian. The translation is not official and has been done by the author of this blog. If you find any mistake, please do contact the author by email or by posting a comment.


"DICHIARAZIONE DEL GRUPPO DI LAVORO DELLE NAZIONI UNITE SULLA DETENZIONE ARBITRARIA ALLA CONCLUSIONE DELLA SUA MISSIONE IN ITALIA


Signore e Signori, buon pomeriggio,


Mi chiamo Asian Abashidze ed ho il piacere di darvi il benvenuto a questo incontro con la stampa tenuto dal Gruppo di Lavoro delle Nazioni Unite sulla Detenzione Arbitraria al termine della sua visita ufficiale in Italia, iniziata il 3 Novembre e conclusasi oggi.

Innanzitutto desidero presentarvi il Gruppo di Lavoro sulle Detenzione Arbitraria (GLDA). Fu costituito dalla passata Commissione sui Diritti Umani nel 1991. L’attuale Consiglio dei Diritti Umani ha esteso il mandato del Gruppo di Lavoro. Il Gruppo di Lavoro è composto da cinque esperti indipendenti rappresentanti i cinque gruppi regionali delle Nazioni Unite e serventi in capacità personale. Due dei cinque membri del GLDA, io ed il Dott. Garretón, formano questa delegazione ufficiale. A questo proposito, siccome la delegazione era formata da solo due dei cinque membri, vorrei sottolineare il fatto che ciò che vi presenteremo costituiscono considerazioni preliminari. Essi saranno esaminati e deliberati dalla plenaria del Gruppo di Lavoro nella sua prossima sessione, nella quale il Gruppo di Lavoro adotterà un rapporto su questa visita. Il rapporto sarà reso pubblico.

Il Gruppo di Lavoro sulla Detenzione Arbitraria è incaricato di investigare casi di privazione della libertà imposta arbitrariamente o comunque in maniera non conforme agli standard internazionali rilevanti contenuti nella Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, nei trattati sui diritti umani e in altri strumenti legali. Come parte del suo lavoro, il Gruppo di Lavoro conduce visite ufficiali negli Stati, su invito dei governi, allo scopo di comprendere meglio la situazione prevalente nel Paese, così come le ragioni dietro a casi di privazioni arbitrarie della libertà in tali Paesi. Gradirei ringraziare a nome nostro il Governo d’Italia per il suo invito.

Il mandato del Gruppo di Lavoro era originalmente confinato a tre categorie di detenzione arbitraria:
- Categoria I: quando è chiaramente impossibile invocare una base legale in giustificazione della privazione della libertà;
- Categoria II: quando la privazione della libertà risulta originata dall’esercizio di diritti e libertà garantite da applicabili strumenti internazionali di protezione dei diritti umani, come la detenzione di persone sulla base della loro religione od opinione politica;
- Categoria III: quando la violazione di norme internazionali relative al diritto ad un processo equo sia di tale gravità da rendere la detenzione arbitraria.

Più di dieci anni fa, la Commissione sui Diritti Umani delle Nazioni Unite domandò al Gruppo di Lavoro di esaminare anche la situazione degli immigrati e dei richiedenti asilo che siano privati della loro libertà. Questo ultimo aspetto del mandato del Gruppo di Lavoro fu la ragione principale della visita in Italia.

Permettetemi di dire alcune parole sul programma della visita. Nel corso degli scorsi 12 giorni la nostra delegazione ha visitato Roma, Napoli, Catania, Caltanissetta, Cassibile e Milano. In ognuna di queste città abbiamo incontrato le autorità, e fra loro:

- Il Ministero dell’Interno, incluso il Sottosegretario Alfredo Mantovano, il Capo della Polizia ed il Direttore del Dipartimento delle Libertà Civili e dell’Immigrazione, nonché numerose prefetture e ufficiali di polizia a livello locale;
- il Ministero di Giustizia, incluso il Ministro della Giustizia e i capi di dipartimento degli affari giudiziari, dell’amministrazione penitenziaria e della giustizia minorile;
- funzionari del dipartimento di Salute Mentale del Ministero del Lavoro, Salute e Politiche Sociali;
- il Consiglio Superiore della Magistratura, la Corte di Cassazione e numerosi giudici e pubblici ministeri a Napoli e Milano;
- la Commissione Giustizia del Senato;
- i Difensori Civici competenti per i diritti delle persone private delle loro libertà di Lazio e Campania, nonché della Provincia di Milano.

Abbiamo inoltre incontrato rappresentanti dell’Ordine degli Avvocati, avvocati penalisti, tra cui alcuni specializzati in casi di terrorismo ed avvocati difensori di immigrati e richiedenti asilo, nonché numerosi rappresentanti di organizzazioni della società civile attive nei campi del sistema giudiziario e dell’immigrazione ed asilo.

Forse ancora più degno di nota, abbiamo visitato molti luoghi dove persone sono privati della loro libertà e abbiamo tenuto colloqui in privato con i detenuti. Fra questi luoghi vi sono i carceri di Rebibbia e Poggioreale, un ospedale psichiatrico giudiziario, il dipartimento di salute mentale di un ospedale, istituti per rei di minore età, centri di detenzione di polizia a Napoli, istituti per richiedenti asilo e centri di detenzione ed espulsione per immigrati.

Desideriamo sottolineare che abbiamo goduto in tutti i sensi della più ampia cooperazione da parte del Governo Italiano. Siamo stati autorizzati a visitare tutti i luoghi di detenzione a cui abbiamo fatto richiesta e di intervistare in privato detenuti di nostra scelta, senza alcuna restrizione. Il Governo ci ha provvisto con copia di tutti i documenti che abbiamo richiesto.

Do ora la parola al mio collega e pari, Dott. Roberto Garretón, che presenterà alcune considerazioni preliminari della delegazione del Gruppo di Lavoro che ha visitato l’Italia.

Ci è stato riferito innumerevoli volte nelle scorse due settimane che non può esistere detenzione arbitraria in Italia nel senso di detenzione senza base legale o in violazione di garanzie fondamentali di processo equo. Ci è stato così riferito non solo da funzionari dei ministeri di giustizia e dell’interno, da giudici, pubblici ministeri ed ufficiali di polizia, ma anche da rappresentanti della società civile, generalmente molto critica.

Tendiamo ad essere d’accordo con questa valutazione, ma con alcune notazioni qualificanti. La forza dell’impegno del Governo verso i diritti umani – tra i quali le garanzie di processo equo – è in realtà messa alla prova quando si ritrovi ad affrontare una emergenza percepita o reale. Vi sono almeno tre situazioni attualmente percepite da alcuni come situazioni critiche contrastanti l’applicazione della legge e la giustizia in Italia e perciò richiedenti misure straordinarie:
- la lotta contro il crimine organizzato di tipo mafioso;
- una presunta allarmante crescita di criminalità ordinaria da parte di stranieri residenti in Italia senza permesso; e
- la minaccia post-11 Settembre del terrorismo internazionale.

Nel rispondere ad ognuna di queste situazioni il Governo ricorre a misure straordinarie riguardanti la privazione della libertà. Certamente non si tratta di casi flagranti di detenzione arbitraria, ma sollevano alcune preoccupazioni che discuteremo con i nostri colleghi a Ginevra ed esamineremo nel nostro rapporto.

In merito alla lotta contro il crimine organizzato, abbiamo esaminato la questione del “carcere duro” secondo l’articolo 41 bis della Legge sul Sistema Penitenziario. Ci è stato riferito dal governo, da giudici e pubblici ministeri che questa norma speciale è necessaria per combattere crimini di stampo mafioso in maniera efficace e proteggere la società. Siamo anche a conoscenza del fatto che la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha ripetitivamente sostenuto che questa forma di detenzione non costituisce tortura, o trattamento inumano o degradante. Rimane, comunque, una certa preoccupazione riguardo il continuo rinnovo di tali misure, anno dopo anno, in molti casi. Abbiamo incontrato un detenuto il quale ci ha riferito di trovarsi nel suo quattordicesimo anno di “carcere duro” secondo l’articolo 41 bis, situazione confermata dall’amministrazione penitenziaria.

A proposito degli sforzi per prevenire la criminalità da parte di stranieri irregolari, il Governo ha adottato una serie di misure che hanno catturato la nostra attenzione:
- arresto obbligatorio e processi immediati o per direttissima (fast track trial) per stranieri che rimangono in Italia in infrazione di un ordine d’espulsione;
- l’emendamento al codice penale che ha reso lo status di straniero presente irregolarmente una circostanza aggravante per ogni reato. In altre parole, se un cittadino italiano e uno straniero irregolarmente presente rubano una macchina insieme, lo straniero riceverà una sanzione penale significativamente più alta dell’italiano. Questa norma solleva preoccupazione.
- il Parlamento sta attualmente dibattendo sulla criminalizzazione dell’entrata illegale nel Paese. A questo proposito, notiamo con sollievo che la proposta di punire l’entrata illegale con misure detentive è stata ritirata.

In merito alla lotta contro il terrorismo internazionale, il sistema giudiziario italiano sta rispondendo vigorosamente a questa minaccia tramite l’investigazione, la prosecuzione e l’imprigionamento di persone coinvolte in attività terroristiche. Secondo informazioni dettagliate forniteci da pubblici ministeri competenti su questi crimini, più di 90 terroristi internazionali sono stati condannati a punizioni detentive in Italia dall’11 Settembre 2001. Questa è una risposta che soddisfa i requisiti “gemelli” del diritto internazionale: proteggere la popolazione contro i crimini terroristi rispettando allo stesso tempo i principi fondamentali del diritto sulla tutela dei diritti umani.

Vi è comunque anche un “lato oscuro” nella risposta al terrorismo internazionale da parte della autorità: stranieri sospettati di terrorismo possono essere e sono rinviati in Paesi dove essi sono soggetti ad un considerevole rischio sostanziale di detenzione arbitraria e di essere soggetti a processi profondamente iniqui, nonché a pratiche di tortura. Tali espulsioni hanno luogo senza un controllo giudiziario efficace. In alcuni casi, stranieri che sono stati processati ed assolti da accuse di terrorismo in Italia sono stati poi espulsi verso Paesi dove sono stati immediatamente imprigionati, con gran probabilità in seria violazione delle garanzie ad un processo equo. Chiamiamo il Governo a riconsiderare questa pratica.

Quando svolge una vista ufficiale, il GLDA è sempre richiamato a dare particolare attenzione alla privazione della libertà di gruppi vulnerabili di persone. Qui in Italia, come in altri Paesi, abbiamo esaminato la detenzione di rei di minore età e di persone che vivono con problemi di salute mentale.

Nelle scorse due settimane abbiamo visitato due prigioni per la detenzione di minori immediatamente dopo l’arresto ed una comunità dove rei minori d’età vivono in surrogazione della pena di detenzione. Abbiamo parlato con alcuni di questi minori che vivono in tali istituti e con le persone in carico di dirigerli, nonché con giudici e pubblici ministeri di tribunali minorili. Siamo molto impressionati positivamente dal sistema di giustizia minorile in Italia. Esso costituisce un’applicazione molto ampia dei principi sul trattamento di rei di minore età contenuti nella Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti del Fanciullo e del principio contenuto nell’articolo 27 della Costituzione Italiana che le sanzioni penali debbano mirare alla riabilitazione del reo. L’Italia può servire da modello per molti altri Paesi in tale rispetto.
Alcune persone con cui abbiamo parlato sono preoccupate che il sistema giudiziario minorile soffrirà sostantivi tagli budgetari nei prossimi anni. Tali tagli, si teme, metterebbero in pericolo l’attuale modello e forzerebbero ad una drastica riduzione delle attività nelle prigioni per minori finalizzate alla riabilitazione dei detenuti, nonché la possibilità di ricercare efficacemente alternative alla detenzione per minori in conflitto con la legge. Lanciamo un appello al Governo a continuare a provvedere i mezzi necessari per permettere al sistema di giustizia minorile di funzionare nella maniera esemplare in cui funziona oggi.

Per quel che concerne la privazione della libertà di persone che soffrono di disabilità mentali, abbiamo visitato un ospedale dove trattamento medico obbligatorio viene propinato a pazienti con problemi di salute mentale ed abbiamo parlato con pazienti e medici. Siamo stati impressi molto positivamente dalle restrizioni minime imposte alla libertà dei pazienti e dal prevalente spirito del rispetto per la dignità dei pazienti. La situazione è molto differente negli ospedali giudiziari psichiatrici dove vengono detenute persone che hanno commesso un reato e sono state riconosciute non responsabili sulla base di malattia mentale. Quella che abbiamo visitato era in ogni senso una prigione. Siamo a conoscenza del fatto che nella passata legislatura una commissione istituita dal Parlamento ha suggerito profonde riforme al sistema e vorremmo incoraggiare il Parlamento di inserire questo argomento all’ordine del giorno anche ora.

Come menzionato all’inizio, la problematica più importante che intendevamo esaminare durante la nostra visita in Italia è la detenzione amministrative di immigranti e richiedenti asilo che giungono in Italia senza un permesso o vi rimangono oltre la validità del permesso che possiedono.

Sotto molti aspetti, la risposta delle autorità italiane e della società civile all’afflusso massivo di esseri umani in fuga da situazioni di guerra ininterrotta, persecuzione o disperata povertà alla ricerca di una vita migliore è ammirabile, in conformità con le tradizioni italiane di generosità e volontarismo internazionale. Migliaia di uomini, donne e bambini a rischio di annegamento vengono salvati nelle acque esterne ogni anno, vengono portati in Italia, gli viene fornito trattamento medico, cibo e riparo, ed informazioni sul diritto di richiedere asilo.

Vi sono, comunque, anche alcune significative preoccupazioni dal punto di vista del rispetto dei diritti umani in merito ai centri ove immigrati e richiedenti asilo sono detenuti, in particolare in merito alla privazione della libertà alla quale sono sottoposti. Nel 2006 il Governo istituì una commissione per esaminare la situazione dei centri per persona in attesa di espulsione e per formulare raccomandazioni per migliorare i centri, la loro gestione e il quadro legale nel quale operano. Le raccomandazioni rese all’interno del suo rapporto finale da tale commissione (riconosciuta come la “commissione De Mistura” dal funzionario delle Nazioni Unite incaricato dal Governo a presiederla) rimangono valide e, in larga parte, ancora attendono implementazione. Vorremmo sottolineare tre punti riguardanti la privazione della libertà sollevati nel rapporto De Mistura che alimentano preoccupazione ancora oggi:
- nel primo periodo nei centri di ricezione, che può durare da una settimana a più di un mese, richiedenti asilo vengono di fatto detenuti. La base giuridica per tale detenzione è debole e non esiste controllo giudiziario su questa detenzione.
- Stranieri che devono essere espulsi dall’Italia dopo aver servito una sanzione penale di imprigionamento sono spesso detenuto per altri sessanta giorni in un Centro per Identificazione ed Espulsione per accertare la loro identità e ottenere i documenti di viaggio per il loro rimpatrio, quando tali procedure avrebbero potuto essere completati mentre si trovavano in prigione;
- Alcuni stranieri che per una serie di ragioni non possono essere rimpatriati vengono nondimeno detenuti in Centri d’Identificazione ed Espulsione. Dopo il termine massimo di sessanta giorni di detenzione vengono rilasciati per poi venire presi e detenuti ancora per sessanta giorni in tali centri qualche mese o perfino anni dopo con lo stesso risultato. Abbiamo incontrato molti internati in questa situazione. La loro detenzione è interamente legale da un punto di vista formale, ma non molto ragionevole. Come suggerito anche dal rapporto De Mistura, il Governo dovrebbe promuovere incentivi per il rimpatrio volontario al posto della privazione della libertà che, in molti casi, non raggiunge i suoi fini.


Chiamiamo il Governo ad implementare le raccomandazioni avanzate nel rapporto De Mistura.

In merito alla durata della detenzione nei centri d’espulsione vorremmo sottolineare che il limite di 18 mesi previsto nelle Direttiva sul Ritorno dell’Unione Europea è intesa limitare la durata della detenzione in Paesi che attualmente non prevedono limiti. Certamente non è intesa a incoraggiare Paesi con leggi che stabiliscono limiti ragionevoli, come quello di sessanta giorni in Italia, ad abbandonare le loro buone pratiche."



Per la Dichiarazione in inglese. For the statement in english: CLICK HERE.

Monday 10 November 2008

Voto di Civiltà















Oggi è un giorno storico per il Trentino.Scrivo per esprimere la mia gioia nell'apprendere dei risultati alle elezioni provinciali e le mie opinioni su di esse. In molti aspetti, queste elezioni marcano un punto importante per la comunità trentina. La mia intitolazione di questo post "Un voto di civiltà" riflette il mio sentimento verso la mia terra e disegna quello che per me constituisce un parallelismo tra queste elezioni e le elezioni nazionali francesi del 2002. Anche là i francesi si trovarono di fronte ad un voto di civiltà: scegliere tra Le Pen e Chirac. Anche in quell'occasione la risposta fu forte.

Premetto che questa volta, e con mio rammarico, non mi sono recato a votare a causa della repentina posticipazione delle elezioni. Ciononostante, confesso che questo avvenimento mi ha tenuto con il cuore in gola.

Il voto di oggi sottolinea un'altra volta la specificità dei Trentini, popolazione a vocazione di tolleranza e solidarietà. Elementi per non votare Dellai ce n'erano, non fosse altro per avere un cambio, al di là del buongoverno che ha garantito in questi anni. Ma di fronte alla sfida di civiltà propostaci dalla candidatura di Divina, esponente di un partito che esprime visioni anche xenofobe ed intolleranti (basti il suggerimento di "treni speciali" per gli immigrati extracomunitari di Boso e dello stesso Divina – vedi "Repubblica.it" del 17 gennaio 2003, http://www.repubblica.it/online/politica/boso/boso/boso.html -, per fare un esempio), la scelta è divenuta unica ed imperativa: il Trentino, terra di tolleranza e solidarietà appunto, secondo la mia opinione non vuole e, per la salvezza anche della sua immagine, non deve essere associato e rappresentato da un partito con quella storia e quei messaggi. I Trentini hanno delle peculiarità differenti dal resto del Nord-est, e d'Italia. I Trentini raccolgono in se stessi i semi di due culture di confine: quella latina e quella mitteleuropa. Questa realtà e questo sentimento di confine (che assicuro da "espatriato" si avverte in maniera particolare quando si ha a che fare con nazioni e culture differenti) marcano una vocazione forte, direi cogente, nei Trentini verso l'incontro, la comprensione ed il rigetto dell'intolleranza.

La mia speranza è che questo voto segni un punto di non ritorno. Un momento in cui il Trentino decida di risolvere i vari problemi d'integrazione che esistono, con un sentimento aperto, come una sfida di crescita. I nostri nonni erano emigranti: non dimentichiamolo mai! Le nostre radici sono salde e sono state costruite nelle sfide della storia che ci hanno reso una realtà unica ed incomparabile col resto d'Italia. Dopo questo no all'intolleranza, possiamo e dobbiamo lanciare una sfida per un Trentino esemplare in Europa, la nostra casa naturale. Un esempio lo siamo stati nel dopoguerra, quando la nostra regione ha rappresentato, e continua a rappresentare, un esempio illuminante di convivenza e solidarietà fra gruppi linguistici differenti (ma non cosi differenti culturalmente). Ora possiamo e dobbiamo costruire una comunità aperta al nuovo ed ai nuovi, con la memoria del nostro passato e le storie dei nostri nonni emigranti nel cuore e nella testa.

Dopo il 9 Novembre, il Trentino può e deve essere un faro in Europa ed in Italia. Questo è un appello che rivolgo al Presidente Dellai, alla nuova Giunta ed al nuovo Consiglio Provinciale. Ancora ed infine, ringrazio di cuore, non sapete quanto, i Trentini che hanno votato domenica. Grazie per questa prova di civiltà. Sono orgoglioso di essere Trentino!